Dire l’arte

Percorsi critici dall’Antichità al primo Novecento

La creazione artistica europea ha lasciato dietro di sé la traccia leggibile di filosofie, teorie, valutazioni e storie che hanno accompagnato e talora sorretto la produzione nel tempo. Sono le “parole dell’arte”, un sedimento secolare di quei pensieri che, senza poter sostituire il linguaggio visivo, lo hanno tuttavia affiancato nello sviluppo storico. Testimonianze dalle quali non si può prescindere quando si affrontano lo studio e la didattica della storia dell’arte. Solo con la lettura delle principali pagine di critica d’arte, capolavori e artisti potranno essere compresi alla luce del complesso quadro culturale che li ha, di volta in volta, visti nascere o che ne ha promosso la fortuna.
Il volume mira ad offrire un panorama d’insieme delle fonti e della metodologia della storia dell’arte, dall’Antichità al primo Novecento, e si pone come innovativo strumento per avvicinare criticamente i testi e abituare a un confronto diretto con i diversi modi di “dire l’arte”: dalle opere filosofiche a quelle enciclopediche, dai trattati alle biografie, dalla produzione poetica alla corrispondenza privata.
In questo dipanarsi della storia dell’arte vista attraverso lo specchio del tempo, emerge la particolare importanza della fortuna critica: essa ci fornisce essenziali notizie relative alla biografia degli artisti; ci dà la descrizione – l’ékphrasis – di dipinti e sculture; documenta la formazione e la trasformazione del lessico tecnico; ma ci parla anche degli scrittori e getta luce sul gusto delle differenti epoche, rivelandoci, in modo talora sorprendente, come i giudizi possano cambiare nel corso del tempo.

Marta Nezzo lavora presso il Dipartimento dei Beni Culturali dell’Università di Padova, dove insegna Fonti e metodologia della storia dell’arte e Arti extraeuropee: questioni critiche e formali. I suoi studi sono da tempo concentrati sulla critica d’arte ottonovecentesca, esplicata fra riviste specializzate e stampa quotidiana. Interessata agli aspetti organizzativi e simbolici della tutela durante le guerre mondiali, ha maturato una speciale attenzione per i fenomeni di ideologizzazione tanto del discorso sull’arte, quanto del sistema espositivo e conservativo. Fra i suoi lavori: Ritratto bibliografico di Ugo Ojetti (2001), Critica d’arte in guerra. Ojetti 1914-1920 (2003), Il miraggio della concordia. Documenti sull’architettura e la decorazione del Bo e del Liviano (2008), Ugo Ojetti, critica, azione, ideologia. Dalle Biennali d’arte antica al Premio Cremona (2016), Arte come memoria. Il patrimonio artistico veneto e la Grande Guerra (a cura di, 2016).

Giuliana Tomasella insegna Storia della critica d’arte e Museologia presso il Dipartimento dei Beni Culturali dell’Università di Padova; è attualmente presidente del Centro di Ateneo per i Musei. Le sue ricerche si sono concentrate sulla revisione del concetto di modernità all’indomani del primo conflitto mondiale e sulla politica espositiva negli anni del fascismo. Si è inoltre dedicata allo studio del dibattito artistico sulle riviste italiane e straniere fra Otto e Novecento e all’analisi degli scritti di alcuni importanti critici, come Diego Valeri, Rodolfo Pallucchini, Lionello Venturi, Giuseppe Fiocco, Max Jacob Friedländer. Negli ultimi anni, la sua ricerca si è concentrata sul problema della rappresentazione dell’alterità e della costruzione dell’immaginario coloniale attraverso l’arte. Fra i suoi lavori: Biennali di guerra. Arte e propaganda negli anni del conflitto (Padova 2001); Diego Valeri, Scritti sull’arte (a cura e con introduzione di G. Tomasella, Venezia 2005); Rodolfo Pallucchini, Scritti sull’arte contemporanea (a cura e con introduzione di G. Tomasella, Venezia 2011); Lionello Venturi e l’arte veneta (1907-1915) («Annali di Critica d’Arte», 2015); Esporre l’Italia coloniale. Interpretazioni dell’alterità (Padova, 2017).

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