Il lettore del mito della caverna difficilmente si sottrae all’impressione che le immagini “visive” siano quelle predominanti nella narrazione di Platone. Eppure la caverna è anche un luogo pieno di suoni e di voci. Poiché i prigionieri si trovano incatenati fin da bambini al suo interno, la loro educazione si è prodotta solo sulla base della ridondanza ripetitiva e deformante dell’eco. E la loro sapienza è del tutto adeguata alla consistenza ontologica delle ombre. Il volume sviluppa un itinerario che, partendo dall’indagine su tautologia e contraddizione come condizioni e limiti all’espressione del pensiero, mira a evidenziare la funzione delle forme in diversi ambiti: nella relazione del vivente al mondo-ambiente, nel rapporto mente-cervello, nei processi percettivi o intenzionali, nella genesi del linguaggio, nella funzione della rappresentazione. Premesse indispensabili per giungere infine all’individuazione dell’atto di pensiero che si pone oltre la coscienza.
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