Il lavoro appeso a un filo

a cura di

postfazione di Giulio Mozzi

Il lavoro, i lavori: intorno a questo tema, centrale anche per il nostro tempo, si incrociano quotidianamente discorsi, suggestioni e le tante contraddizioni di una globalizzazione dell’economia e della società governata più dalle leggi del mercato che dalla partecipazione spontanea dei cittadini.
Il lavoro continua a subire profonde trasformazioni, cambia forma e luogo, e il nostro futuro si sposta altrove con esso: il futuro è ormai in gran parte de-localizzato. ‘Lavoro’ può così essere ancora sinonimo di una particolare “filosofia di vita”, nel bene e nel male, ma pure coincidere con la realtà “dannata” in cui si consuma l’intera esistenza di chi non ha voce, il nuovo mercato degli schiavi del terzo millennio. In molti casi, oltre alla privazione del lavoro, diversi strati della nostra società hanno dovuto subire, più o meno inconsapevolmente, il venir meno di una “retorica del lavoro”, di un’idea stessa di dignità, che storicamente hanno accompagnato l’evoluzione di questa dimensione della vita umana e delle sue forme.
Nei racconti selezionati all’interno del volume, è possibile rintracciare molto di questa realtà in divenire, molto di questi travagli epocali: manca forse soltanto la viva testimonianza dei moderni “senza voce”. Probabilmente c’è bisogno di tornare a guardare lontano, in modo da guarire la nostra miopia alimentata da piccoli orizzonti. Dal consumo alla finanza etica, fino alla responsabilità sociale dell’impresa, esiste una serie di pratiche concrete che possono aiutarci a costruire un mondo diverso.

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