Foce. Taccuini dal Delta del Po

18 Dicembre 2023

«Questo viaggio inizia con un ritorno.
La nebbia, compatta e granulosa, comincia a scendere lungo il ponte sulla laguna di Chioggia. Il porto con i pescherecci e le chiatte ora tremola fino a sparire del tutto, mentre la luce del primo mattino diventa esile, lattiginosa, impenetrabile. Abbasso i finestrini, la velocità al minimo, ma nessun elemento di conforto arriva da fuori se non aria umida e le grida d’invisibili gabbiani. Avanzo comunque dentro questa muraglia inaccessibile e sul rettilineo di Sant’Anna, lungo la Romea, faccio appena in tempo a distinguere una pattuglia della Polizia che mi indica di accostare. Sto andando nel Delta, dico rispondendo alla loro domanda».

Nasce così Foce. Taccuini dal Delta del Po di Ioannis K. Schinezos, un viaggio intimo per immagini e per parole.

 

 

Il resoconto di un fotografo di natura che percorre le solitarie distese del Delta del Po, tra i rami terminali del fiume. Cerca di catturare i colori della terra, le tonalità dei vasti cieli, il volo degli uccelli, la melanconia dei casolari abbandonati, l’umore delle acque. Compagno di viaggio un libro, Verso la foce di Gianni Celati; gli spazi vuoti tra le pagine presto si riempiono di annotazioni, come per completarlo, come per creare un testo nel testo, come per omaggiare lo scritto originale.

 

 

«Le cose sono là che navigano nella luce,
escono dal vuoto per aver luogo ai nostri occhi.
Noi siamo implicati nel loro apparire e scomparire,
quasi che fossimo qui proprio per questo.
Il mondo esterno ha bisogno che lo osserviamo
e raccontiamo, per avere esistenza.»

Gianni Celati, Verso la foce, 1989

 

 

Le immagini si alternano al racconto dei giorni trascorsi nel Delta, si va formando un taccuino di viaggio dove la cronaca degli spostamenti, degli incontri, dei ritratti del quotidiano – frammenti e discorsi rubati al suo passaggio – si accompagna a riflessioni, poesie, citazioni.

«Case coloniche con ampi porticati mi passano accanto, fattorie abbandonate dai muri ocra conquistati dall’edera, reticoli di canali e, sbucata dal nulla, una scuola elementare. Davanti a un ampio canalone un cartello avverte È vietata la raccolta di anellidi (vermi). Cornacchie volano controvento, automobili solitarie percorrono rettilinei infiniti e sembrano dirigersi verso il nulla, come anche le strade. Nei giardini delle abitazioni isolate svettano alberi di Natale con le luci accese; oltre i caseggiati, contadini chini nei campi di radicchio e sacchetti vuoti di fertilizzante che rotolano nella polvere e nel vento.
La voglia di quotidianità mi spinge in un bar lungo la Provinciale sul cui ingresso sventolano bandierine triangolari sbiadite; all’interno, luce dalla tonalità giallastra, odore di vino, fumo e umido, l’espositore di patatine, il flipper, un calendario senza fotografie, sul muro manifesti che annunciano sagre e concerti.
Sul frigorifero dei gelati poggiano pile di vecchi giornali sportivi e un alberello addobbato con luci a intermittenza. I clienti bevono al banco o giocano a carte, ogni tanto qualcuno mi fissa senza interesse. A volte nessuno parla e tra i muri si aggira un silenzio teso, rotto solo dal tintinnio di tazzine e bicchieri. Un signore anziano sta in piedi nel mezzo del locale, mani in tasca, ma nessuno gli presta attenzione; ehi Vera, grida per due volte alla signora del banco, ma non riceve risposta.
Fuori, nel piazzale di terra battuta, sono allineate motociclette e macchine dai motori sovradimensionati con cerchioni sportivi; la foschia indebolisce la luce, e in quella luce anziani ben coperti passeggiano in compagnia dei propri pensieri. Universi che si ripetono all’infinito senza varianti in queste pianure così stabili e così precarie.

Immagine: una superficie significante entro la quale gli elementi costitutivi sono in relazione magica (Vilém Flusser).»

 

 

Durante il suo lavoro Schinezos annota tutto quello che normalmente sfugge al frettoloso viaggiatore di passaggio, mosaici minimi ed elementari, ovvi ed evidenti e pertanto invisibili, che alla fine disegnano il mondo esterno e la nostra esistenza. Descrive semplicemente, con il criterio essenziale dei bambini.

«Dettagli: un insetto dalle lunghe sottili zampe pattina sull’acqua di una pozza, l’occhio vigile di un airone tra le piante della risaia, un lichene abbarbicato sulla corteccia del pioppo. Bisogna indagare il mondo con amore e diletto e allora il mondo ti compenserà con i suoi segreti. Passa un camion, un motociclista.
Nuvole filiformi riempiono il cielo. Ogni fenomeno è di per sé sereno, scrisse Celati.»

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