Aldo Peressa
Cereal Docks Demethra

L’opera di Aldo Peressa che viene documentata in questa monografia è un’opera della maturità, un’opera che – anche per la sua complessità funzionale e articolazione compositiva – in qualche modo costituisce una sintesi di alcuni dei principali temi fino ad oggi trattati dalla sua architettura.
Innanzi tutto, quello della luce. Sempre mantenendo salda, con Le Corbusier, la convinzione che – al di là della sua funzione, della solidità costruttiva, addirittura al di là della bellezza – l’architettura non sia altro che «il gioco sapiente, corretto e magnifico dei volumi raccolti sotto la luce», questo progetto Cereal Docks Demethra si sviluppa secondo l’elaborazione di alcuni volumi elementari che, grazie alle peculiari soluzioni costruttive, si pongono di fronte all’azione della luce in modo autonomo, proponendosi nei suoi confronti con attitudini ed esiti differenziati. La grande parete a sud-ovest, schermata dai pannelli frangisole in lamiera stirata, “gioca” con la luce e risponde dinamicamente all’azione del sole talora accogliendo la sua penetrazione, talora respingendola. I pannelli in calcestruzzo gettati in opera che delimitano la corte consentono, per il loro essere elementi autonomi, separati tra loro, il transito dell’irraggiamento solare che disegna lame luminose sullo specchio dell’acqua e sul prato. D’altro canto, il corpo della mensa – completamente vetrato – concepito come una sorta di padiglione nel verde, nella sua natura ialina, si lascia percorre completamente dallo sguardo, accogliendo l’intorno e offrendo all’intorno la sua trasparenza.
Poi quello del rapporto natura/artificio. In fondo, per l’architettura la natura in sé non esiste, è sempre frutto di un’astrazione, è natura simbolizzata, ipostatizzata. Natura artificiale, per così dire. Da qui la scelta della corte interna, sistemata a prato, percorsa dai camminamenti in legno, quasi un frammento di un universo naturale racchiuso, concluso dalle pareti cieche, vivificato dalla presenza dell’acqua come fattore primigenio. E ancora, la soluzione del giardino d’inverno della hall che nega la discontinuità tra lo spazio interno ed esterno, tra l’artefatto e il vegetale.
Infine quello del luogo. «Uno degli scopi profondi dell’architettura» – scrive Peressa – «non è tanto quello di prendere luogo, di dislocarsi nelle aree o negli spazi prescelti o concessi, ma è quello di creare luoghi. La creazione del luogo è il suo fine ultimo». Ma – a considerare l’opera qui presentata – in cosa consiste, in questo caso almeno, la creazione del luogo? L’atto del recintare, ad esempio, come pure quello dell’includere (anche con “chiusure” trasparenti) comporta una scelta, una selezione rispetto al mondo indifferenziato che attribuisce allo spazio un valore, un ordine: l’ordine del mondo e l’ordine dell’uomo. In questo senso, lo spazio si fa luogo in quanto difende dal rischio del caos, dall’angoscia del nulla e perpetua una condizione condivisa, antica e inviolabile, che si fonda appunto sui presupposti della distinzione e della separazione.

Aldo Peressa è nato a Udine e si è laureato in Architettura allo IUAV di Venezia con Carlo Aymonino. Ha poi svolto il tirocinio professionale e lavorato in forma associata tra Padova e provincia. Dal 1980 ha aperto uno studio a Padova e si è occupato di lavori di architettura e di design, realizzando progetti di abitazioni, case unifamiliari, interni, edifici terziari e spazi produttivi. Ha collaborato, tra 1985 e il 1986, con la rivista «l’Architettura», diretta da Bruno Zevi; dalla sua fondazione è collaboratore e vicedirettore della rivista di architettura e arti «Anfione Zeto», che ha pubblicato suoi progetti, saggi e scritti teorici.
Suoi lavori sono stati pubblicati da reports e riviste specializzate e hanno ricevuto riconoscimenti ufficiali: segnalazione al premio Dedalo Minosse 2002 alla committenza d’architettura, inserimento nella Guida all’architettura contemporanea della Provincia di Vicenza, Premio Area 2005, segnalazione al premio di architettura Città di Oderzo 2005, segnalazione al premio Dedalo Minosse 2005 alla committenza d’architettura, inserimento nella Mappa del Veneto contemporaneo 2007, Premio Riabita 2011. Nel 2004 ha pubblicano la monografia Aldo Peressa (Il Prato) e nel 2010 la monografia Cappella Fanti (Il Poligrafo). Dal 2009 è direttore della collana di architettura “Quaderni del Territorio”, edita dalla casa editrice Il Poligrafo. Ha partecipato a concorsi e gare pubbliche relativi a edifici scolastici, recuperi e trasformazioni di aree urbane, edifici plurifamiliari, edifici di servizio, master plan di edilizia residenziale, padiglioni (museali, abitativi, scolastici). Dal 2011 ha realizzato lavori di outdoor design che sono stati esposti e installati in occasione di manifestazioni ufficiali: Verdecittà, Padova 2011; Verdecittà, Padova 2012; Marmomacc, Verona 2013; Salone del Mobile, Milano 2014. Dal 2014 ha disegnato per Friulmosaic una nuova linea di mosaici – I multipli – presentati al Coverings 2015, Orlando (USA). Dal 2014 con Grassi Pietre ha progettato una serie di oggetti e sistemi per l’outdoor (Catalogo AND, Artena Design). Nel 2015 ha costituito la start-up Artena Housing srl che, giovandosi del sistema brevettato MAST (dorsale tecnica per l’edilizia), si occupa di progettazione di abitazioni e manufatti ad alto contenuto di design, in bioarchitettura, secondo le modalità della green-technology. Nel 2013 e 2014 ha tenuto lezioni alla Scuola di Architettura del Politecnico di Milano e alla Scuola di Architettura dell’Università di Bologna. Nel 2019 ha partecipato, in occasione della 9^ Rassegna Biennale d’Architettura, alla 6^ edizione del Premio “Marcello d’Olivo” con il lavoro Mulino di Terenzano.

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