Abitare all’italiana

tra la casa-fondaco e l’atelier

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Negli ultimi decenni, con lo sviluppo rapido della connettività, sempre più sono emersi nuovi modi di intersecare lavoro e vita domestica. La casa oggi non è più un remoto ricovero in cui si torna la sera, dopo una giornata di lavoro in ufficio o in fabbrica; sempre più frequentemente è un luogo in cui, durante tutto l’arco della giornata, lavoro, tempo libero, cura del corpo, si avvicendano nei medesimi spazi. La famiglia nucleare non è più il modello dominante, sostituita da un ampio spettro di differenti forme di convivenza su cui la vita domestica si riorganizza. Forme alternative di domesticità che alla fede nel funzionalismo oppongono il disordine e l’estetica accumulativa degli objets-trouvées. Modi di organizzare lo spazio domestico i cui precedenti possono essere rintracciati nel prototipo dell’atelier, strettamente legato allo sviluppo urbano di Parigi, o nel loft newyorkese, diffuso negli ambienti dell’arte progressista e contestataria della controcultura della fine del secolo scorso.
La casa isolata come paradigma del rapporto uomo/natura, la casa-fondaco e l’atelier come luoghi pensati per vivere e lavorare al contempo sono gli archetipi da cui ha origine una ricerca compositiva sullo spazio domestico a partire da un luogo definito: Venezia. Il tema della casa dell’uomo e la questione più ampia e generalizzata dell’abitare rimanda a studi e ricerche, modelli, invenzioni tipologiche che, tuttavia, risultano difficilmente separabili dalla “presunzione ideologica” da cui avevano tratto alimento.
In una fase storica in cui la ricerca architettonica e la sperimentazione progettuale erano tutte orientate alla definizione di parametri universalmente validi per il disegno della casa razionale, nella V Triennale di Milano, del 1933, vengono presentati una serie di prototipi costruiti in scala 1:1, pensati a partire dall’unicità dell’esperienza dell’architettura, in cui riecheggia un certo approccio “italiano” all’architettura razionale destinato a riverberarsi nell’architettura degli anni a venire, contribuendo alla mitologia di quell’Italian Style diffuso e copiato nel mondo.

Giovanni Marras (1963) è professore associato di Composizione architettonica e urbana presso il DACC - Universita Iuav di Venezia e membro del Collegio Docenti della Scuola di Dottorato Iuav. Laurea in architettura nel 1989, dottorato in Composizione architettonica nel 1993, dal 1994 al 2004 è stato ricercatore in Composizione architettonica e urbana presso lo IUAV. Dal 2004 al 2014, professore associato presso la Facoltà di Architettura dell’Università di Trieste. Responsabile scientifico MIUR della ricerca “re-HOUSING. Riabitare i paesaggi obsoleti della citta contemporanea” 2011/13. Svolge attività di ricerca nell’ambito della composizione architettonica e urbana in rapporto al ruolo dei valori identitari nel progetto.

Andrea Pastrello (1965), architetto e dottore di ricerca in Composizione architettonica, partecipa ad attività di ricerca e nel contempo collabora alla didattica nei Laboratori e nei Workshop di progettazione architettonica presso l’Università Iuav di Venezia e il Dipartimento di Ingegneria e Architettura dell’Università degli studi di Trieste. Dal 2012 è componente effettivo del comitato scientifico dell’Osservatorio del paesaggio “medio Piave” - area tematica Architettura.

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